Continuiamo il nostro viaggio introduttivo ai sistemi di misura introducendo alcuni criteri di classificazione delle caratteristiche degli strumenti e degli stadi di una catena di misura.
Distingueremo le caratteristiche in statiche e dinamiche, intrinseche ed estrinseche, deterministiche e probabilistiche. Passeremo poi a introdurre le principali caratteristiche intrinseche di un sistema di misura in condizioni statiche.
Uno strumento di misura fornisce misure attendibili solo quando viene utilizzato in conformità alle specifiche indicate dal produttore. Il primo passo per un corretto utilizzo della strumentazione consiste pertanto nel comprenderne le caratteristiche e i relativi ambiti di validità.
Le numerose caratteristiche di uno strumento possono essere raggruppate seguendo diversi criteri di classificazione non necessariamente tra loro mutuamente esclusivi. Una prima distinzione da fare è quella tra caratteristiche intrinseche, ossia relative allo strumento in sé, e caratteristiche estrinseche, che dipendono invece dalla sua interazione con l'ambiente circostante e con gli eventuali altri strumenti cui è connesso.
Un'altra importante differenza è quella che separa le caratteristiche deterministiche da quelle probabilistiche, quest'ultime utilizzate per descrivere l'incertezza delle misure e l'affidabilità dello strumento di misura.
Un'ulteriore classificazione riguarda il regime di utilizzo dello strumento, che può essere statico o dinamico. Come vedremo, oltre ad essere sfumata, questa classificazione non è affatto rigida: la trattazione del caso statico, che si applica a tutte quelle situazioni in cui la grandezza misuranda si mantiene costante o varia lentamente nel tempo, permette infatti di introdurre diverse caratteristiche del sistema di misura che conservano la propria validità anche nel caso dinamico.
Non solo, ma la maggior trattabilità delle equazioni algebriche che descrivono i sistemi statici fa sì che sia possibile definire delle caratteristiche che tengano conto dello scostamento dal comportamento lineare idealizzato e risultino pertanto descrittive delle prestazioni statiche del sistema nella sua complessità.
Per contro, la difficoltà di trattazione che accompagna le equazioni differenziali che descrivono i sistemi dinamici non lineari rende di norma improponibile una loro trattazione analitica generale e comporta il ricorso a metodi di risoluzione ad hoc o, molto più spesso, a una modellizzazione per mezzo di approssimazioni lineari locali.
Altre volte le complicazioni del caso non lineare sono tali che è possibile conseguire risultati generalizzati solo escludendo l'ipotesi di non linearità. Ad esempio, per semplificare lo studio in frequenza di un sistema di misura, la sua sensibilità (pur se dipendente dalla frequenza) viene considerata costante su tutto l'intervallo di misura, una scelta questa equivalente a considerare i soli sistemi dotati di trascaratteristica lineare.
E' questo il motivo per cui la trattazione delle caratteristiche dinamiche verrà affrontata solo dopo aver introdotto alcune importanti semplicazioni che originano dall'assunzione di linearità della curva caratteristica del sistema di misura. Per i sistemi dinamici lineari è infatti disponibile una teoria completa che ne consente una trattazione generale in grado di semplificarne considerevolmente lo studio.
Le prime caratteristiche delle quali ci occuperemo sono quelle statiche intrinseche, e in particolare quelle riferite all'intervallo di misura.
Con la classificazione dei processi di misura in statici e dinamici, viene naturale applicare la stessa dicotomia alle caratteristiche dello strumento. La distinzione non è però cosi netta come potrebbe sembrare a prima vista e questo per via del fatto che il confine tra i due mondi è sfumato; a svolgere il ruolo di spartiacque è la tolleranza al di sotto della quale è ragionevole considerare ininfluenti i contributi dinamici.
Il concetto stesso di staticità è infatti più l'approssimazione di una condizione ideale che uno stato effettivamente conseguibile in pratica: allo stesso modo in cui non esistono processi istantanei, non esistono valori costanti da -∞ a +∞ (il concetto stesso di corrente continua, ad esempio, è un'idealizzazione). Esistono tuttavia delle ragionevoli approssimazioni come processi così rapidi da non dar luogo a transitori apprezzabili in un determinato contesto, o valori (approssimativamente) costanti su tutto un intervallo finito di tempo preso in considerazione.
Possiamo allora definire le caratteristiche dinamiche come quelle caratteristiche che si riferiscono al comportamento del sistema durante i transitori che preludono al conseguimento (entro determinati limiti di tolleranza) del valore stazionario della misura. Negli strumenti a regime variabile, che seguono l'andamento della grandezza misuranda al variare del tempo registrandone i valori (strumenti registratori) o visualizzandone l'andamento su uno schermo (ad esempio gli osciloscopi), le caratteristiche dinamiche definiscono l'intero processo di misura.
Le caratteristiche statiche sono invece quelle che fanno riferimento al comportamento stazionario di uno strumento o sottosistema di misura, intendendo con questo un apparato che ha avuto tutto il tempo per adattare la propria uscita al valore della grandezza misuranda, o il cui adattamento alle variazioni del valore della grandezza misuranza è ai fini pratici istantaneo.
Negli strumenti elettronici si è soliti considerare due diversi tipi di condizioni stazionarie, tradizionalmente riferite all'andamento della corrente nei circuiti sotto misura: in continua (c.c. o, in inglese DC per Direct Current) e in alternata (c.a. o AC, per Alternate Current).
Gli strumenti in continua sono progettati per misurare valori costanti di una grandezza misuranda (una tensione, una corrente, una resistenza...). In realtà il concetto stesso di grandezza continua, inteso come segnale a frequenza zero, è un artificio matematico in quanto implicherebbe l'esistenza del segnale da un tempo infinito nel passato e per un tempo infinito nel futuro. Quello che succede in pratica è che lo strumento viene assoggettato a variazioni repentine corrispondenti al passaggio tra due condizioni di equilibrio.
Quando si inserisce lo strumento nel circuito di misura, la grandezza misuranda percepita dallo strumento subisce una variazione discontinua che la fa passare dal valore di equilibrio a puntali scollegati o a circuito spento (ad esempio la corrente nulla nel caso di un amperometro) al valore che si intende misurare.
Lo strumento reagisce a tale sollecitazione producendo una corrispondente variazione nella grandezza in uscita (ad esempio la posizione angolare del'ago che indica la corrente su una scala graduata). La risposta dello strumento non è in genere istantanea ed è necessario un certo tempo prima che l'uscita si assesti attorno al nuovo valore di equilibrio. In figura è mostrata la risposta di un sistema di secondo ordine a una sollecitazione a scalino.
Se il tempo necessario all'esaurimento del transitorio (o meglio alla riduzione del suo contributo al di sotto di una determinata soglia) è sufficientemente breve rispetto al tempo che si è disposti ad attendere per acquisire la misura, il sistema può essere considerato un'accettabile approssimazione di un sistema istantaneo. Una volta in condizioni stazionarie, le discrepanze tra la grandezza misuranda e quella misurata sono allora riconducibili alle sole caratteristiche statiche dello strumento.
Negli strumenti elettronici in alternata la grandezza oggetto della misura - tipicamente una tensione, una corrente o una potenza - varia con andamento sinusoidale. In questo caso la stazionarietà fa riferimento al raggiungimento del regime sinusoidale una volta esauriti (o meglio ridotti al di sotto di una data soglia), eventuali transitori associati alla variazione della grandezza misuranda, ad esempio in seguito al collegamento dello strumento al circuito sotto misura.
La distinzione tra comportamento statico e dinamico si fa qui più sottile in quanto l'inerente variabilità del segnale misurando può dar luogo a fenomeni dinamici non trascurabili anche una volta esauriti i transitori iniziali. Se il segnale da misurare varia troppo velocemente, infatti, in qualche punto del sistema di misura la sua rappresentazione finisce con il subire un'attenuazione e uno sfasamento non trascurabili. Oltre una certa frequenza la misura resistuita dal sistema cessa di essere rappresentativa del segnale in ingresso.
Di fatto, la stazionarietà del regime sinusoidale è caratterizzata dall'impossibilità da parte del segnale elaborato da qualsiasi stadio reale (ossia affetto da elementi capacitivi e/o induttivi parassiti) del sistema di riprodurre fedelmente il segnale misurando. Tuttavia, al di sotto di un certo valore di frequenza, il sistema introduce attenuazioni e sfasamenti a regime così piccoli da poter essere trascurati. In questi casi lo si può considerare descritto dalla sue caratteristiche statiche.
In condizioni statiche, le caratteristiche intrinseche salienti di uno strumento sono quelle che definiscono l'intervallo di misura (in particolare il minimo e massimo valore rilevabile della grandezza misuranda), la magnitudine delle diverse forme di incertezza associate alla misura e il grado di affidabilità del sistema.
Una caratteristica particolarmente importante, la sensibilità del sistema di misura, merita di essere approfondita a parte.
Altre caratteristiche intrinseche, non direttamente legate al processo di misura ma non per questo meno importanti, sono il costo, l'ingombro e il peso dello strumento. Tutte queste proprietà manifestano un certo grado di interdipendenza tra loro e la particolare combinazione che contraddistingue un dato strumento è il risultato di un compromesso ingegneristico volto ad ottenere il miglior rapporto tra costi e prestazioni per una precisa destinazione d'uso.
Le prime caratteristiche da prendere in considerazione nella scelta di uno strumento (e più in generale dello stadio di una catena di misura) sono quelle che specificano quanto è esteso e quanto finemente è suddiviso il suo intervallo di misura.
La massima escursione dei valori che la grandezza misuranda può assumere in ingresso si traduce nell'introduzione dei concetti di soglia e portata (FS, Full Scale); sul lato del campo di lettura le caratteristiche di interesse sono l'offset e l'uscita a fondoscala (FSO, Full Scale Output). La minima variazione in ingresso in grado di produrre una variazione in uscita definisce invece la risoluzione dello strumento.
Prima ancora che per garantire la correttezza e l'accuratezza delle misure, scegliere la giusta portata è fondamentale per evitare di danneggiare lo strumento sollecitandolo con valori eccessivi della grandezza misuranda.
Per motivi del tutto analoghi, quando si ha a che fare con un sottosistema di misura (un sensore, un modulo di acquisizione o uno strumento parte di un sistema più complesso) è importante conoscere anche l'escursione della grandezza erogata in uscita e che dovrà essere gestita dagli stadi successivi della strumentazione.
Un'altra caratteristica essenziale dell'intervallo di misura, la risoluzione, permette di sapere con quale livello di dettaglio è possibile percepire le variazioni della grandezza misuranda.
Tanto la portata quanto la risoluzione influenzano il valore dell'incertezza che deve essere associata alle misure prodotte dallo strumento.
Nell'esposizione che segue, dopo aver definito i parametri essenziali e aver fornito una panoramica dei diversi modi di modellizare un sistema di misura, raggrupperemo queste caratteristiche in base alla loro utilità nel descrivere il comportamento dello strumento per grandi valori (domini di non deterioramento e distruzione, FSO), per piccoli valori (soglia e offset) e per piccole variazioni (risoluzione e leggibilità) delle grandezze in ingresso e in uscita.
Nel descrivere le caratteristiche relative all'escursione delle grandezze in ingresso e in uscita, è utile distinguere il comportamento dei sistemi di misura completi da quello dei vari stadi che costituiscono la catena di misura.
Adotteremo la convenzione di indicare con la lettera greca chi (ξ) le grandezze in ingresso ai singoli blocchi funzionali e con la lettera u le rispettive uscite. I simboli ΘT e ΘM saranno invece riservati all'ingresso e uscita del sistema di misura completo, sottintendendo il fatto che si tratta di grandezze omogenee, ossia con le medesime dimensioni fisiche.
In un sistema completo la corrispondenza ΘT-ΘM che costistuisce la caratteristica ideale è un'identità che fa corrispondere al valore vero ΘT della grandezza misuranda una lettura ΘM corrispondente al medesimo valore della grandezza misurata.
Quando il destinatario è un osservatore umano, il risultato della misura effettuata con un sistema completo viene rappresentato dalla posizione di un indice su una scala graduata (lettura analogica) o dal valore numerico riportato su un display (lettura digitale).
Se lo strumento fa invece parte di un sistema più complesso, il risultato della misura viene solitamente ricondotto a una forma più consona all'elaborazione da parte degli stadi successivi. Nella strumentazione elettronica questo comporta la trasmissione di un segnale di tipo elettrico che codifica l'informazione (in forma analogica o digitale) utilizzando una tensione, una corrente o una frequenza.
La disomogeneità dimensionale tra le grandezze in ingresso e in uscita è un tratto comune dei sottosistemi che compongono le catene di misura e in particolar modo dei loro primi stadi.
Questo è particolarmente evidente nei sensori e nei trasduttori, vere e proprie interfacce verso il processo fisico che, nella strumentazione elettronica, producono un segnale di tipo elettrico in funzione del valore (e delle variazioni) della grandezza misuranda. A differenza di quanto accade in uno strumento di misura completo, la trascaratteristica di questi sottosistemi è in genere spiccatamente non lineare, in quanto espressione della legge matematica che descrive l'effetto fisico alla base della trasduzione.
Da un certo punto di vista si può anche affermare che in uno strumento completo il compito degli stadi successivi al sensore è proprio quello di compensarne le nonlinearità così da dare forma a una transcaratteristica complessiva il più possibile simile all'identità.